ADHD, DISREGOLAZIONE EMOTIVA E COMPORTAMENTALE

DALLA DIAGNOSI ALL’INTERVENTO SECONDO UN APPROCCIO MULTIMODALE INTEGRATO

 

Ilenia Andreolli-Maddalena Tonina- Francesca Santoni

ll disturbo da deficit di attenzione/iperattività, in acronimo ADHD (dall’inglese attention deficit hyperactivity disorder) o DDAI, è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da problematiche nel mantenere l’attenzione, eccessiva attività e/o difficoltà nel controllare il proprio comportamento (es. impulsività) che non appaiono adeguate all’età della persona. I sintomi appaiono prima dei 12 anni di età, causano problemi in almeno due contesti (ad esempio a casa, a scuola, al lavoro, negli hobby, ecc.) e possono perdurare in adolescenza e in età adulta. Sulla base dei criteri del manuale diagnostico DSM-5 si possono distinguere tre manifestazioni di ADHD: ADHD con disattenzione predominante, ADHD con iperattività/impulsività predominanti e ADHD combinato

L’ADHD può quindi presentarsi in tre forme distinte che spesso hanno caratteristiche anche molto diverse tra loro. Ad esempio in chi presenta la variante con predominanza di disattenzione che ha pochi sintomi, o nessuno, di iperattività, irrequietezza e impulsività, l’ADHD potrebbe non notarsi. Ciononostante può essere ugualmente compromettente. È possibile che col passare degli anni la diagnosi di ADHD evolva e passi da una manifestazione all’altra. In Italia l’ADHD è un disturbo sottodiagnosticato (dato del 2020).

Questa condizione può portare a disregolazione nelle funzioni esecutive, nell’attenzione e nella memoria, nella motivazione e nello sforzo mentale, nell’organizzazione, nella pianificazione, nella gestione del tempo, nell’autocontrollo e nella gestione del proprio comportamento, nella capacità di rimanere calmi, pazienti e spesso fermi o seduti. I sintomi dell’ADHD sono spesso difficili da definire poiché non è sempre immediato tracciare una linea netta che demarchi i livelli sintomatologici da quelli normali e distinguere i sintomi da altre patologie mediche, neurologiche e mentali.

È necessario individuare uno schema persistente di disattenzione o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento o lo sviluppo.

La fisiopatologia dell’ADHD non è chiara, essendoci allo stato attuale un certo numero di spiegazioni concorrenti. È stato osservato che nei bambini con ADHD vi è una generale riduzione di volume del cervello, con una diminuzione proporzionalmente maggiore nel lato sinistro della corteccia prefrontale.

Sembra che siano coinvolti nella condizione anche i percorsi cerebrali che collegano la corteccia prefrontale e il corpo striato. Questo suggerisce che la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività possono riflettere una disfunzione del lobo frontale con ulteriori regioni, come il cervelletto, che possono essere implicate. Altre strutture cerebrali legate all’attenzione sono state trovate differenti tra le persone con e senza ADHD. Una teoria suggerisce che i sintomi derivino da un deficit nelle funzioni esecutive. Per funzioni esecutive ci si riferisce a una serie di processi mentali che sono necessari per regolamentare, controllare e gestire le attività della vita quotidiana. Alcuni di questi disturbi comprendono: problemi con le capacità organizzative, problemi nell’organizzazione del proprio tempo, eccessiva procrastinazione, problemi di concentrazione, nella velocità di elaborazione, nella regolazione delle emozioni, nell’uso della memoria di lavoro e deficit nella memoria a breve termine. Gli individui con ADHD presentano comunque una discreta memoria a lungo termine.

I criteri per determinare un deficit funzionale sono soddisfatti nel 30-50% dei bambini e adolescenti con disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Uno studio ha dimostrato che l’80% dei soggetti con ADHD presentava almeno un deficit in una funzione esecutiva, rispetto al 50% delle persone che non mostravano la condizione. Per via della maturazione del cervello e delle crescenti esigenze di controllo esecutivo, i deficit dell’ADHD possono non manifestarsi pienamente fino all’adolescenza o all’inizio dell’età adulta.

Entrare in sintonia con il Funzionamento Adhd cosa significa?

 Significa cogliere l’interezza del bambino, dell’adolescente o dell’adulto che abbiamo davanti.

In età evolutiva in particolare occorre dopo la fase diagnostica, intervenire con un approccio multimodale integrato e lavorare in ambito clinico con specifici training autoregolativi.

Sul piano emotivo e comportamentale nel Funzionamento Adhd si registra una maggiore reattività; vi è una ridotta capacità di regolare e inibire le emozioni durante lo svolgimento di azioni finalizzate. Essendoci una difficoltà nell’autoregolazione, sono più dipendenti dagli stimoli esterni per regolare emozioni e comportamenti. Pensieri e idee troppo rigide condizionano il modo di sentire, amplificando le emozioni. Chi soffre di Adhd ha una difficoltà ad individuare il proprio “dialogo interno” e reagisce impulsivamente alle situazioni. Risulta fondamentale utilizzare un approccio multimodale che vede utile l’intervento sia con i genitori: parent-training, con la scuola: teacher-training che il training autoregolativo con il bambino/adolescente in contesto specialistico lavorando in equipe, psicoterapeuta, neuropsicologo, neuropsichiatra e/o neuropsicomotricista. Potremmo ritrovarci di fronte alla necessità di far avere un sostegno in ambito scolastico se la gravità è elevata (Legge 104, fascia A) o comunque di un percorso personalizzato (Legge 170, fascia B).

Nel nostro Centro a partire sin dalle fasi iniziale di accoglienza della famiglia, si interviene con una valutazione neuropsicologica e/o neuropsichiatrica per poi valutare quale percorso di trattamento risulta essere più adeguato al fine di lavorare sia in termini di trattamento preventivo per contenere l’esacerbarsi della sintomatologia se il bambino viene segnalato entro i 6 anni, sia in termini di trattamento vero e proprio. Risulta fondamentale che ciascun intervento con l’Adhd venga personalizzato al fine di offrire maggiori risposte alla famiglia e alla scuola. L’intervento farmacologico ove necessario si integra all’intervento psicologico di tipo integrato: è fondamentale intervenire sia con tecniche di tipo cognitivo-comportamentale che psicocorporee, stimolando sia l’intelligenza emotiva che le abilità sociali e di autoregolazione, che le funzioni esecutive.